Questa è la storia di un founder magnifico e di un co-founder a quattro zampe che è stato di grande ispirazione.
Nella Silicon Valley hanno costruito imprese con due sedie in un garage, quattro spicci e tre amici?
►Beh, anche Domenico ha fatto così! Solo che Domenico è italiano e, sinceramente, la cosa ci interessa di più. Un ragazzo eccezionale perché, non so come diavolo abbia fatto, ma è riuscito a realizzare tutto questo da solo: credendoci, non mollando mai, aggiustando il tiro dove ha capito che la proposta andava modificata; facendo mille rinunce personali e professionali. Domenico Sarleti, insieme a Sirio (il cucciolone ispiratore che vedete nella foto), è l’ideatore di Trip Doggy, il primo portale che raduna i dog lovers italiani e offre loro servizi e ricettività turistica e tour di gruppo in compagnia di educatori cinofili esperti.
L’ho intervistato e questa è la nostra lunga chiacchierata piena di dritte e consigli davvero utili per chi ha intenzione di cominciare e dare vita a una start-up!
Quando è nato Trip Doggy?
«Trip Doggy è nato quattro anni fa. L’idea iniziale era quella di creare un portale in cui raggruppare e promuovere le strutture ricettive che consentono di viaggiare con un cane al seguito. Al tempo c’era già qualcosa sul mercato, ma la qualità delle informazioni era decisamente scarsa, per cui risultava sempre molto difficoltoso prenotare. Non c’erano tutte le classiche risposte che occorrono alle persone che viaggiano con i propri animali, di conseguenza, bisognava fare troppi passaggi: chiamare la struttura, chiedere, perdere tanto tempo..e la gente adesso non ha tutto questo tempo da perdere. Per cui la prima cosa che mi è venuta in mente è stata quella di realizzare un portale estremamente dettagliato con informazioni riguardanti la struttura, ma anche i servizi del territorio ospitante, con la possibilità di prenotare in maniera diretta. L’idea era giusta: da qui ho capito che la domanda c’era ed era sempre più in crescita! Poi però mi sono scontrato con i grandi players del settore turistico che, pur essendo generalisti, afferrano senza pietà».
Quindi cosa è successo?
«È successo che, a un certo punto, mi sono ritrovato a lavorare per “loro”».
In che senso?
«Nel senso che la gente prendeva le informazioni da me e poi, non conoscendomi, andava a cercare e a prenotare la struttura su portali come Booking».
Che cosa hai fatto?
«Non ho rinunciato al mio progetto. Ho iniziato a cercare soluzioni perché la domanda, come ho spiegato c’era, quindi la strada era giusta, ma dovevo coltivare qualcosa di “laterale”; qualcosa che mi permettesse di accaparrarmi la nicchia che avevo individuato. Ho iniziato a pensare “che problemi hanno i viaggiatori che non rinunciano a spostarsi con il proprio cane? Come posso risolvere le loro difficoltà?”. Questi ragionamenti mi hanno aiutato».
Spiegati meglio..
«Chi come me viaggia col cane lo sa. Il problema per noi non è solo dove dormire, ma anche cosa fare. Le domande che si pone questo tipo di viaggiatore sono: “Voglio fare una visita guidata alla cantina “x”, posso portare il cane? Voglio andare in escursione in barca, lo accetteranno?”. Comincia a chiamare 10/15 attività e domanda a tutti le stesse cose. Diventa un’Odissea. Così, tre anni fa – dopo il primo anno -, ho iniziato a lanciare dei progetti “test” di tour di gruppo col cane e hanno avuto un buon successo. Da qui ho avviato i Doggy Tour che oggi sono il core business della mia impresa».
Come ci sei riuscito? Avevi già delle competenze in materia?
«Sì, le mie competenze lavorative provengono tanto dal mondo turistico, quanto dal digital marketing. L’incrocio tra queste due discipline mi ha permesso di ragionare per tentativi e successi e “switchare” su un prodotto che mi ha consentito di portare avanti il progetto. È importante raccontare che purtroppo le idee non bastano, nemmeno quelle geniali. Ci vogliono le competenze innanzitutto! Se io non avessi avuto già il mio background non avrei avuto, probabilmente, la capacità di realizzare un pivot (cambio di strategia) del mio modello di business al momento giusto».
Come si trasforma, quindi, un’idea come la tua in un prodotto vincente?
«Nel mio settore, ma in generale vale un po’ per tutti..per difendersi dai grandi colossi americani, che prendono ormai il 99% del mercato e lasciano solo l’1% agli altri, bisogna soffermarsi proprio su quell’uno che tanto basta, però, per fare impresa! Quel “poco” che ti lasciano è tranquillamente perseguibile. La cosa che ti permette di creare delle idee innovative e farle funzionare è, quindi, differenziarsi coltivando la propria nicchia. E funziona perché i grandi players generalisti hanno dimostrato di non avere interesse a sviluppare questo tipo di business. Quindi le nicchie sono la chiave! Ho scelto il mio target quello “dog friendly” perché è quello che conoscevo meglio avendolo testato e sperimentato su me stesso. E così: più ti focalizzi su una nicchia, meglio rispondi a un’esigenza, più diventa facile il lavoro; ma attenzione il bisogno che vai a coprire devi conoscerlo davvero!».
Tu da dove hai cominciato?
«Avevo un database di strutture, ho fatto una selezione tra quelle che secondo me rispondevano meglio a questo servizio e ho proposto loro l’idea. Fortunatamente ho trovato spesso un forte entusiasmo e da qui è nato tutto!».
Hai fatto tutto da solo?
«Sì, la vita dello startupper è molto dura, eravamo in due, ma un certo punto mi sono portato avanti da solo perché c’era chi non poteva attendere e aveva altre esigenze. Adesso mi trovo a collaborare con un tour operator, un partner per me strategico, ed è con loro che ho ingranato la marcia sull’idea dei tour».
Hai chiesto dei finanziamenti?
«Ci ho pensato alla finanza alternativa, ma poi relazionandomi con molti colleghi ho capito una cosa. Molti startupper sono più impegnati a costruire idee che piacciono agli investitori piuttosto che idee che funzionino sul serio! Spesso per ottenere i finanziamenti si perde il focus e si snatura il progetto: così a un certo punto i soldi degli investitori finiscono e, se tu non sei stato in grado di creare qualcosa di funzionale e autosufficiente, ti perdi. La mia idea è sempre stata invece quella di creare un progetto che, anche se con poco, si reggesse sulle proprie gambe: “Guadagno uno? Investo uno! E ogni anno aggiungo degli obiettivi!”. La mia politica è sempre stata la legge dei piccoli passi: si inizia imparando a camminare poi, pian piano, si comincia a correre; ma prima devi essere capace di camminare. Quindi anche in questo caso sì..ho fatto tutto da solo in auto finanziamento, dopo di che, in base alle revenue del progetto, reinvestivo per farlo crescere. Oggi finalmente ho i numeri dalla mia parte».
Cosa accade durante un viaggio Trip Doggy?
«Cose emozionanti e uniche. Il collante delle esperienze Trip Doggy è la passione per il proprio cane. Abbiamo un coordinatore cinofilo che, oltre a fare da supporto per la gestione dei cani in gruppo e garantire la socializzazione tra i quattro zampe in sicurezza, organizza attività esclusive: ludiche e formative. Si arriva nelle strutture e ci si conosce e “il bello” è che si riesce a creare il “gruppo” fin da subito. Nei giorni a seguire ci aspettano escursioni ed esperienze turistiche variegate: dalle crociere in battello, alle visite in cantine scelte, ai viaggi in treno! Trip Doggy è un’esperienza appagante per viaggiatori, cani e coordinatori. Le persone sono innamorate di questo progetto ed è per questo che abbiamo una percentuale di repeater molto alta. Sono proprio i nostri clienti i nostri migliori sponsor: le persone lo raccontano agli amici e poi li indirizzano da noi».
Quali altri obiettivi hai per il futuro?
«Arrivare, nel 2021, ad organizzare ottanta partenze l’anno, dare lavoro a più educatori cinofili, allargare il bacino degli utenti e delle destinazioni soprattutto al Sud, dove iniziano ad arrivare le prime richieste. Campania e Puglia sono le mete su cui sto ragionando e proprio dalla Puglia comincerò dal prossimo anno».